Discorso di Sant’Annibale ai giovani,

profezia e sintonia con il prossimo Sinodo dei Vescovi

 

Alla vigilia del Sinodo dei Vescovi, che rifletterà sul tema: “I Giovani, la fede e il discernimento vocazionale” (Roma, ottobre 2018), presentiamo una sintesi del discorso pronunciato da sant’Annibale Maria Di Francia, padre dei poveri e apostolo delle vocazioni indirizzato al circolo dei giovani dell’Azione Cattolica di Messina, in Sicilia, il 25 giugno 1889. Due anni dopo, Papa Leone XIII pubblicò l’enciclica sociale sul lavoro umano sotto il titolo di Rerum Novarum = “le cose nuove”. Durante questo periodo l’Italia stava vivendo il suo “risorgimento” con gravi problemi sociali e una chiara persecuzione nei confronti della Chiesa. Colpisce l’attualità del discorso di sant’Annibale di fronte alla realtà sociale e culturale della gioventù e la sua armonia con l’insegnamento di Papa Francesco. Riportiamo in modo sintetico tale discorso ai giovani.

 

Sintesi del discorso:

 

“Miei cari giovani, se vi ha spettacolo di fede e di virtù che maggiormente al giorno d’oggi attiri l’ammirazione e la lode, si è quello appunto di vedere giovani, i quali, nel bollore della gioventù, nel fiore degli anni, in quella età che è tutto slancio e fervore, nella quale più al vivo si sentono e le seduzioni del mondo, e gli stimoli delle passioni; vederli, io dico, stringersi in santa società, unirsi quasi un solo uomo per far pubblica professione dei principii cattolici, tener fronte a tutti gli odierni errori, dichiararsi apertamente cattolici, tener fronte a tutti gli odierni errori, dichiararsi apertamente figli fedeli e devoti della S. Chiesa, compiere gli atti di cristiana pietà, nulla curando il sogghigno, il disprezzo o la persecuzione del secolo odierno. Quale spettacolo di questo più bello e ammirevole? O miei cari giovani! non vi sono parole che bastino ad encomiare la vostra fede e la pubblica professione che ne fate […] voi siete figli carissimi della S. Chiesa, oggetto di particolare compiacenza al cuore del Sommo Pontefice […] siete il suo gaudio e la sua corona, e, quel che è più, siete figli prediletti del Cuore di Gesù! Miei cari giovani, nessuna società può esistere là dove manchi di quelle regole, di quei principii, che formano parte vitale di sua esistenza. […] Voi vi siete riuniti per combattere contro il secolo: e lo combattete con la pubblica dimostrazione della vostra fede, con la stampa, con la parola, con le vostre fatiche nelle elezioni; vi siete messi in perfetta antitesi col secolo […] non è solamente il secolo, non è solamente il mondo quel nemico che ogni giovane cattolico deve combattere per mettere in salvo la sua Fede, per conseguire il fine di sua esistenza, per riuscir vincitore nella gran lotta della vita e salvarsi! No, miei cari! vi sono altri nemici: nemici potenti, per quanto più occulti; nemici che non sono fuori di noi, ma sono dentro di noi; nemici i quali non vengono a provocarci alla battaglia, ma ad allettarci al godere; nemici pericolosi, nemici fatali, nemici che troppo spesso ahimè! fanno preda delle anime! E tali nemici sono le passioni. […] Di queste passioni, o miei, di questi occulti nemici, che voi portate dentro di voi, dovete stare in guardia con assai più di vigilanza che non sia coi nemici che vi assaltano di fronte: affinché non avvenga che mentre combattete coraggiosamente su gli spalti della fortezza, i nemici interni non vi abbiano a tradire e consegnarvi in mano degli esterni nemici. E per uscir di metafora, o miei cari, pur troppo avviene che giovani i quali combattevano contro gli odierni errori e con la stampa ecc. ecc. e pareva che in prima fila finirono con l’esser vinti dalle passioni fino al punto di darsi in mano degli avversari! Ah! quando sentite che un giovane cattolico, il quale attirava ecc. sia passato nel campo nemico, o per lo meno abbia disertato, siate certi che ciò è avvenuto non perché gli errori lo hanno convinto, ma perché le passioni lo hanno sedotto; e allora diventò preda del nemico, quando prima era stato preda delle proprie passioni. Per cui il Savio scrisse: Raffrena le tue passioni […]. Ma quali sono quelle passioni che maggiormente tumultuano in un cuore giovanile, e son per lui pericolo di rovina se non le vince ed abbatte? Io ve le ridico in due; e vi addito in esse due nemici formidabili che vi fanno guerra incessantemente: son due, ma contengono in sé il germe di molte altre passioni. Esse sono: l’ orgoglio dell’intelletto e l’amore disordinato del cuore. Quanta e quale è la bruttezza di queste passioni? Quanti e quali i danni che producono? Quali i rimedi per abbatterle? Quali i vantaggi dell’averli abbattuti? – Ecco, o miei cari, che poveramente svolgerò questi quesiti. E per prima, che cosa è l’orgoglio? A voler dare una definizione, l’orgoglio è una immoderata stima di noi stessi, per cui ci crediamo superiori agli altri. Or chiaro si vede quanto ciò sia riprovevole, per la ragione che l’orgoglioso vorrebbe essere onorato, stimato, riverito più degli altri; quindi la invidia, la gelosia, l’egoismo verso gli altri, che egli reputa suoi inferiori; quindi la presunzione del proprio giudizio, della propria opinione delle proprie; quindi l’ira, il livore, lo sdegno, l’odio e la vendetta nell’esser contradetto. L’orgoglio dunque è radice di molte perverse passioni. […] Vi è una scienza che edifica, e vi è una scienza che gonfia; vi è una sapienza, che è vera sapienza, vi è una sapienza, la quale è stoltezza. Questa sapienza la quale è stoltezza, è quella i cui precetti sono dettati dalla umana presunzione, parto dell’umano delirio, aborto dell’umano orgoglio. Essa insegna a godere della vita, perché nulla resta dopo la morte; essa insegna che tutto è materia, che l’uomo è libero di se stesso, che non è obbligo di riconoscere un Dio, che felice è colui che sa levarsi ecc. ecc. Accanto a questa stolta sapienza, vi è la sapienza vera, la scienza dei Santi, per la quale l’uomo conosce i suoi destini, chi lo ha creato, dove va. Or bene, questa sapienza vera, perfetta, pura come la luce, sconosciuta per tanti secoli ai dotti dell’Areopago, ai grandi del Lazio, ricercata invano dai filosofi …”[1]

Nella forza e nell’attualità delle parole di Sant’Annibale, pronunciate 129 anni fa, percepiamo chiaramente una linea che unisce il suo discorso alle parole di Papa Francesco, vero profeta del nostro tempo e grande animatore di vocazioni nella Chiesa. In entrambi vediamo la chiara preoccupazione per la formazione e l’evangelizzazione dei giovani e la convinzione del loro protagonismo e missione trasformatrice nella società. Il Padre era consapevole del ruolo della Chiesa nell’animare, accompagnare e formare i giovani, ma riconosce anche la responsabilità dei giovani nella vita sociale e politica con la loro capacità di influenzare le decisioni dei governanti. Con espressioni di affetto e vicinanza – “miei cari” – Sant’Annibale invita i giovani ad approfondire la loro adesione a Gesù Cristo e a testimoniare i valori cristiani nella società. Tali valori vengono sistematicamente minacciati con motivazioni ed interessi estranei al Vangelo. Nel suo discorso, Sant’Annibale elogia la testimonianza dei giovani cristiani come uno “spettacolo” bello e autentico in mezzo alla realtà mondana e mette in luce due virtù fondamentali che devono essere ben elaborate nella formazione della gioventù: l’umiltà e l’obbedienza. Egli menziona anche due pericoli per la spiritualità giovanile: l’orgoglio dell’intelletto (egoismo) e l’amore disordinato del cuore. Notiamo anche la critica di P. Annibale ai media – la “stampa” – davanti alla quale i giovani dovrebbero disporsi con discernimento cristiano e spirito critico. Il Padre riconosce e rileva l’importanza della presenza e dell’azione evangelizzatrice dei giovani nei media e richiama l’attenzione sulla loro influenza positiva o negativa nella società. Alcuni mesi prima della celebrazione del Sinodo dei Vescovi, convocato da Papa Francesco per riflettere sul tema della gioventù, siamo stupiti e commossi per le parole sagge e profetiche di Sant’Annibale, l’apostolo del Rogate e della carità.

[1] Cfr. www.rcj.org  Downloads, ADIF, Scritti del Fondatore (02023), Vol. 55, Prediche e Discorsi.